lunedì 16 febbraio 2015

la vita e i compiti a casa


come alcuni di voi sanno già, quest'anno anche noi siamo entrati nel famigerato mondo della scuola pubblica. la materna è trascorsa in un piccolo asilo accogliente e pieno di persone appassionate, le elementari invece ci sono sembrate il momento giusto per "uscire dal guscio", consapevoli che il confronto con il sistema pubblico avrebbe potuto essere difficile, per le carenze e le incoerenze che da sempre si porta dietro. io stessa ho frequentato solo scuole pubbliche.
per fortuna, la maestra che ci è capitata è davvero una persona speciale: dopo le difficoltà dell'inizio, matteo non solo si è rasserenato (trasformandola da orco in fata!) ma è anche molto motivato verso quello che sta imparando. lei ha saputo capirlo e interessarlo, e parlandole mi sono accorta che, nonostante l'età, è una persona aperta e davvero appassionata al suo mestiere. e questa è già una grandissima fortuna. 
quello che mi lascia perplessa sono I COMPITI. come la stragrande maggioranza degli insegnanti, anche quella di matteo ritiene che il lavoro a casa sia fondamentale. non solo, ma nel caso specifico spesso la mole è tale da non riuscire a finire prima di una o due ore, condizionando le attività pomeridiane. 
come succede a tutti, quando si diventa genitori e si cominciano a vivere insieme ai figli tutte quelle esperienze che si sono vissute da bambini, riaffiorano molti ricordi: io comincio a ricordarmi del peso dei compiti a casa. ricordo quante cose non potevano essere fatte a causa dei compiti, o dovevano essere rimandate. i pomeriggi erano fatti per i compiti con qualcosa di intermezzo! forse il mio ricordo risale soprattutto alle scuole medie, ma il concetto non cambia perchè tutto è commisurato alle capacità dell'età.  
non credo che sia giusto vivere i pomeriggi sotto lo scacco dei compiti, credo che si debba studiare in classe e magari, come si fa in Inghilterra per esempio, avere qualche compito per casa dilatato in un paio di settimane: una ricerca per esempio, o un tema in cui esprimere proprie opinioni, un'approfondimento interessante che può diventare anche divertente, insomma. altrimenti, per quanto animati da buona volontà, i bambini non potranno che detestare lo studio, o viceversa ci si rintaneranno nell'adolescenza, oppure saranno frettolosi, superficiali, eseguiranno magari senza capire il bel senso che c'è nell'imparare cose nuove, e difficilmente ci metteranno loro stessi. 
questo è insomma il primo scoglio che mi trovo ad affrontare rispetto al nostro sistema scolastico. io vorrei che mio figlio studiasse con interesse le ore che gli competono in classe, e che poi fossimo liberi di fare tante altre cose, dallo sport al vedere gli amici, andare a cinema e tutto quello che di bello si può trovare, che pure li arricchisce anche se in maniera diversa. vorrei che la scuola alimentasse la sua curiosità con un metodo che tenga conto di tutte le sue necessità di bambino, anziché opprimerla in obblighi fuori portata, che lo aiutasse ad essere autonomo davanti alle sue responsabilità anziché insicuro. entusiasta e non preso per forza. 
non è questo ancora il nostro caso, dato che ha iniziato appena 6 mesi fa, ma il modo in cui vedo andare le cose, quello che mi raccontano, mi fa pensare. 
sto leggendo spesso i post di un gruppo facebook riguardo all'argomento e ho trovato esperienze di mamme con figli più grandi dei miei la cui vita è estremamente condizionata dai compiti. sono venuta a conoscenza di leggi e decreti che cercherebbero di disciplinare l'argomento ma non si capisce se siano più esortazioni o imposizioni disattese dagli istituti. ho letto persino che esistono dei corsi per insegnare ai genitori ad aiutare i figli a fare i compiti! 
credo che il nostro sistema stia collassando e si cerchi di aggiustarlo senza modificare la visione di fondo. molti mi dicono che studiare a casa almeno un paio d'ore aiuterà mio figlio in seguito, alle medie, dove il carico aumenta ancora...infatti! è proprio tutto ad essere sbagliato, anche il dopo! 
io non sono per l'abolizione totale dei compiti a casa, anzi non nego che poterlo osservare mentre studia, sapere cosa e come lo fa, se ha difficoltà o curiosità... mi piace molto. mi piace osservare come questa mole di capacità che sta acquisendo lo muova (scrive, legge e fa di conto!). mi piace poter condividere anche questo pezzo con lui. a volte dal niente mi domanda: "mamma, ma 24+24 fa 48?" e magari stiamo leggendo una pagina di italiano! mi piace vedere come cambia la sua grafia nel tempo, mi piace non correggerlo quando scrive lettere affastellate una sull'altra perchè la maestra mi ha detto che questo verrà col tempo.
 lui adesso è entusiasta, sarebbe un vero peccato demotivarlo.

giovedì 29 gennaio 2015

alle prese con i buoni e i cattivi

non ho mai usato il termine "cattivo" con i miei figli, non li ho mai ripresi apostrofandoli così e loro sono talmente certi di non esserlo, neanche se fanno una marachella, che quando una nonna (vecchie generazioni!) li definisce così per un capriccio o simili, loro sono sicuri e pronti a ribattere che "nessun bambino è cattivo!". non li ho mai neanche lodati dicendogli che sono "buoni" o "bravi", in realtà perchè cerco di non etichettarli mai, e per condividere un momento di entusiasmo preferisco un "sei meraviglioso!" con un grande abbraccio, che ha anche un accento iperbolico un pò ironico che spero tolga un pò di attenzione dal motivo della lode e faccia scorrere semplicemente l'amore incondizionato che provo.
è evidente però che, in questo periodo, il pensiero di pietro  sia incentrato proprio su questo. sui buoni e sui cattivi. nei giochi con i suoi amati dinosauri, gli erbivori sono i buoni per antonomasia mentre i carnivori famelici sono i cattivi, poi partendo da questo presupposto cerca di mischiare le carte e sperimentare: gli erbivori diventano onnivori pericolosi più dei carnivori stessi, lui interpreta quasi sempre gli erbivori che da pacifici brucatori di insalata si trasformano in temibili avversarsi per i carnivori, che soccombono. 
nei giochi con matteo si diverte a fare il cattivo ma si arrabbia se matteo glielo propone e oggi, mentre a casa parlavamo di una rapina avvenuta in una banca vicino casa, lui mi fa "mamma, ma allora in questo mondo esistono davvero i cattivi?". io, a malincuore, gli rispondono di si. e lui, con aria sconcertata forse in attesa di una mia correzione, dice: "però io lo so che i fantasmi non esistono, anche se dico che ho paura di loro".
un bel dilemma i buoni e i cattivi, la relatività è una cosa difficile da imparare, e anche da insegnare.

martedì 13 gennaio 2015

design di recupero / SBOBINA DESIGN

 moduli Boris - Sbobbina Design
il primo post che ho pensato di scrivere dopo questa mia lunga assenza riguarda il riuso dei materiali, che in questo caso diventano la base per oggetti di design molto belli e funzionali secondo me, senza assolutamente nulla da invidiare alle migliaia di oggetti industriali prodotti oggi.
la ricerca, e la scoperta, di modi originali di dare una vita nuova a qualcosa di utilizzato precedentemente con un'altra funzione, e anche un'altra forma a volte, mi entusiasma sempre molto perché io penso che il futuro sia in queste cose, in questo genere di pensiero intendo, che non soltanto ha il valore etico dell' eco-sostenibilità ma anche un senso umano più profondo, che ci lega alle cose e al tempo che passa in un modo naturale, meno consumistico. sarà che sono una persona essenziale, che farebbe a meno di tutti gli oggetti, orpelli e strumenti spesso inutili di cui ci affolliamo, ma penso che il senso di un oggetto funzionale sia ancora più alto se su di esso ha camminato il tempo, che è ciò che ci lega alla vita.
ero partita con questa sezione del blog, il design di recupero appunto, con il post su franziska wodicka e rupert blanchard dove il recupero era sostanzialmente basato su vecchi cassetti e vecchie ante poi riassemblati. 
l'ideatore di sbobina designemiliano bona, invece recupera bobine industriali di legno e in generale materiali industriali dismessi, trasformandoli in arredi essenziali sia nella forma che nelle definizioni di colore: quello che spicca è la materia, reinventata e riadattata alla nuova funzione.

questa una parte della sua presentazione:

"Bobine per cavi elettrici, assi da ponteggio e casse di imballaggio vengono trasformate, attraverso una procedura non più industriale ma artigianale, in tavoli, librerie, sedute, attaccapanni e lampade. Ogni singolo prodotto è il risultato dada di un’umanizzazione delle forme industriali. Sbobinare: svolgere una bobina, convertire, trasformare una forma in un’altra, uno spazio in uno o mille altri".

i moduli boris sono tra gli oggetti che mi sono piaciuti di più, per la semplicità della forma  - seppure "dettagliata" (non sono parallelepipedi perfetti) - ma anche per il fatto che sono dei moduli, appunto, quindi assemblabili diversamente per usi diversi: libreria, sgabello, panca comodino... 


Boris - Sbobina Design

molto belli anche l'attaccapanni ubu

attaccapanni Ubu - Sbobbina Design

 la lampada zivago 


lampada Zivago - Sbobina Design

o le sedute bocar e bondolo (i nomi sono fantastici!)


seduta Bocar - Sbobina Design
sedute Bocar e Bondolo - Sbobina Design


nonché tutte le rotelle usate qua e là!


Sbobina Design

un'altra cosa bella di questa filosofia dell'ingegnarsi per riusare, è che il lavoro diventa un gioco. ovviamente ogni lavoro creativo ha un'accezione giocosa, ma ho l'impressione che l'atto di trasformare, essendo vincolati anche solo mentalmente da una forma e un uso preesistenti, induca maggiormente ad una visione fuori dagli schemi e conduca più facilmente ad esperimenti stravaganti e talvolta infantili. come se il tipo di vincolo stesso ti facesse sentire più libero. non c'è bello assoluto da inseguire, o funzionalità stra-efficace o forma super innovativa, ottenibili partendo da zero e in qualche modo travalicando l'oggetto per farlo diventare il simbolo di quella ricerca. il vincolo progettuale in questo caso è l'oggetto stesso già esistente (o esistito). quello che apprezzo non è semplicemente che si facciano cose belle in maniera eco-sostenibile ma che si facciano cose belle in cui non viene negata la portata del materiale utilizzato, che non è più solo uno strumento ma il soggetto stesso, con le sue qualità fisiche ma anche di memoria. 
e sono dei giovani ad immettere sul mercato queste nuove visioni, i giovani che "salvano" il passato creando spesso situazioni e ambienti di lavoro che sono veri e propri laboratori di idee, dove "l'ufficio" magari è costituito da un gruppo di amici appassionati che segue il filo delle suggestioni. 
emiliano bona lavora in un posto così: con il gruppo vontree (quattro creativi con formazioni differenti) propone la progettazione e la vendita di oggetti di design e d'arte realizzati nel loro spazio officina a bergamo. mi pare anche un bello spazio!


martedì 23 dicembre 2014

martedì 2 dicembre 2014

prima elementare: anche gli orchi possono diventare fate!

come avevo supposto nell'ultimo post (oramai di 2 mesi fa!), il tempo ha fatto chiarezza sulla situazione di matteo e sul suo diciamo controverso approccio con la prima elementare. il tempo, si, oltre a chiacchierate con la maestra-orco, con le mamme, antenne paraboliche pronte ad intercettare qualunque segnale muto espresso da mio figlio, tante domande e anche un incontro con la sua vecchia maestra dell'asilo, che mi ha dato sempre ottimi consigli in questi anni. 
e da questa storia ho imparato moltissime cose. lo dico adesso che matteo è più sereno, si sente più sicuro nell'affrontare i compiti e ha ripreso a voler incontrare gli altri bambini, cosa anche questa che mi aveva agitato parecchio. 
ho capito che i bambini sentono fortemente le nostre incertezze, come segugi, perchè non appena mi sono rasserenata io sulla maestra, anche lui ha cominciato ad essere meno reattivo: il fatto è che a me non sembrava di trasmettergli incertezza, a parole ero super serena, eppure quando me ne sono resa conto è iniziato a cambiare tutto.
ho capito che per un bambino le cose possono trasformarsi anche molto velocemente da orribili a belle, da orchi a fate, quando matteo pochi giorni fa mi ha detto: "sai mamma, non mi piace quando la maestra non viene a scuola, con lei è tutto più bello!". non ho iniziato a saltellare per casa perchè poteva sembrare che avessi dei dubbi, ma ne sono stata felicissima!
ho capito che dall'interno le cose sembrano davvero più complesse che viste da fuori, e che un consiglio semplice può essere spesso risolutivo, come quello che mi ha dato la maestra dell'asilo: "matteo è stressato, non stressarlo oltremodo". e aveva ragione. io, con la mia ansia di dargli da subito un ritmo pensando che lo aiutasse, invogliandolo con frasi tipo "così dopo andiamo a fare una passeggiata" o "così dopo vediamo un amico", lo soffocavo. è bastato non imporgli i compiti subito dopo pranzo ma lasciarglieli fare a fine pomeriggio (anche se questo impediva qualsiasi programmazione di altro) che ha iniziato a sedersi al tavolo con più grinta ed entusiasmo.
cosa fondamentale, ho capito che questa maestra mi piace. è senz'altro una persona forte, determinata, dura in questo senso. ma anche capace di empatia, ancora appassionata del suo lavoro, desiderosa di comunicare con la singolarità di ogni bambino. mi ha dato una lettura di matteo che mi ha convinto e si è comportata di conseguenza, iniziando a gratificarlo molto sia per il suo lavoro in classe che a casa.
e poi mi è stato chiaro, ancora una volta come tante in questi anni, che fare il genitore è una cosa davvero difficile. perchè è difficile avere una presenza mentale costante, non far prevalere l'impulso, ricordarti che di fronte a te c'è un essere che per quanto sappia parlare oramai benissimo e sembra che ragioni con altrettanta lucidità, non è altro che un cucciolo d'uomo che combatte per la propria autosufficienza ma che è ancora in balia di emozioni e paure che spesso non sa neanche formalizzare. è difficile perchè con i bambini devi imparare a parlare agendo e non con le parole, a quella parte di loro che non parla.
e mò vediamo come continua!

lunedì 29 settembre 2014

prima elementare: che mamma sono?

venerdi mattina matteo, che da due settimane ha iniziato la prima elementare, correva per casa piangendo e gridando che lui non voleva andare a scuola. 
in verità quella mattina mi aspettavo qualche capriccio, perchè la notte si era svegliato e aveva dormito male e così ho affrontato la cosa come un normale capriccio da stanchezza, un pò appesantito dal fatto che comunque l'inizio di questa benedetta prima non è proprio liscio come l'olio! ma l'epilogo non è stato quello prevedibile: alla fine ho dovuto lasciare che non andasse a scuola, perchè per portarlo avrei soltanto dovuto trascinarlo con la forza.
non mi era mai successo di avere a che fare così con matteo: è un bambino che alla fine si lascia sempre convincere, perchè si fida e ti segue anche se proprio quella cosa non gli va giù. ma venerdi no: sembrava impazzito, e mi si stringeva il cuore in verità anche mentre mi arrabbiavo con lui per cercare di impormi.

è vero che ogni momento di passaggio, ogni cambiamento, è destabilizzante. 
per i bambini, poi, è come un salto nel vuoto al quale si accingono solo armati della fiducia che gli abbiamo trasmesso. ma tutto ciò non mi aveva mai dato pensiero: ero fiduciosa del fatto che matteo avesse acquisito sufficiente autonomia e sicurezza per affrontare questa nuova prova. 
alla materna che frequentava ero tra le poche mamme che non si preoccupava del fatto che il programma di prescolastica (ovvero una prima presa di confidenza con lettere e numeri) non fosse alla base del progetto dell'ultimo anno, nè mi preoccupavo troppo che i nostri figli fossero abituati a scorrazzare liberi per ore (a parte i momenti di attività laboratoriali) mentre in prima elementare gli sarebbe stato richiesto di restare seduti e concentrati per molto tempo. avevo Fiducia: nella scuola materna dove stava, in lui, nelle insegnanti che lo avrebbero accolto in prima, in me. 
mi è sempre piaciuto avere fiducia, credere nelle risorse delle persone e nella loro buona volontà. non mi è mai piaciuto invece essere apprensiva, preoccuparmi prima che le cose accadano, avere come primo pensiero nella testa quello peggiore.
ma adesso che la prima elementare è iniziata e vedo matteo turbato, stanco, fragile, preoccupato di non saper svolgere i compiti, e soprattutto che mi racconta che ogni giorno in classe piange, anche per parecchio tempo, perchè la maestra grida e lui non riesce a concentrarsi, o perchè ha mal di pancia o perchè quando scrive la S gli viene da pensare a me e gli manco ... penso che c'è qualcosa che non va, che devo intervenire, aiutarlo in qualche modo. e adesso vivo un momento di grossa apprensione. 
si potrebbe desumere da quello che ho appena raccontato, che sia normale: che io voglia semplicemente aiutare mio figlio a stare meglio, e questo è senz'altro vero. ma mi scopro a nutrire un certo astio nei confronti di questa maestra, che pure passa per essere un'ottima insegnante, proprio come se io stessa fossi una bambina arrabbiata. 
mi chiedo come si possa credere che urlare e intimorire dei bambini possa dare frutti positivi, mi chiedo perchè caricarli tanto con il lavoro a casa (poche cose all'apparenza, ma per loro già solo scrivere due pagine di lettere è una grande fatica), loro che dovrebbero passare secondo me in modo graduale e morbido da un mondo di solo gioco ad uno di responsabilità. e come ritenere giusto non consentirgli, nell'arco delle cinque ore trascorse in classe, nemmeno un quarto d'ora per alzarsi durante la merenda? comincio a sentirmi una mamma apprensiva perchè sono incapace di leggere la realtà dei fatti con lucidità: io sento solo la parte di mio figlio e di qualche amico, ma quanto ci si può affidare alle parole di un 5enne? quanto il loro riportare fatti è condizionato da un, normale, turbamento iniziale? quanto di quello che sta vivendo è grave e ingiusto e quanto invece un passaggio in qualche modo obbligato?
ma così come ritengo ingiuste tutte queste cose, riterrei altrettanto ingiusto, sbagliato, prendere le parti di mio figlio come se fosse la vittima di un orco (o meglio di un'orchessa!), senza valutare a fondo e il più freddamente possibile la situazione. 

ho riletto da poco un brano delle "piccole virtù" di natalia ginzburg sull'educazione dei figli (dove tra l'altro c'erano anche delle considerazioni interessanti sul rapporto del bambino col denaro...ma di questo parleremo un'altra volta!). mi ritrovo in parecchi dei suoi pensieri, e soprattutto su uno: l'idea che mi ero fatta di come avrebbe dovuto essere il trio "matteo-me-i compiti", cioè che ruolo avrei dovuto svolgere con lui rispetto a questa sua nuova responsabilità. e l'ho sempre pensata un pò come lei, che sostiene che fin da subito il bambino dovrebbe interpretare il suo impegno con la scuola un campo solo suo, in cui noi genitori gli siamo di affiancamento. ho sempre pensato che i compiti avrebbe dovuto farli da solo e non con me seduta a fianco, e che mai lo avrei condotto a pensare, neanche nei momenti di difficoltà, che la maestra fosse stata ingiusta (pur magari pensandolo), perchè ritengo che la fiducia di un bambino nel proprio insegnante sia fondamentale affinché possa imparare e crescere serenamente. quella deve essere l'ultima spiaggia. ed ero pronta a tenermi anche qualche sgridata fuori luogo o a fare, di fronte a lui, buon viso a cattivo gioco, pur rodendomi dentro per "quell'imbecille che non l'ha capito". insomma, mi volevo fidare!
adesso mi ritrovo invece anche a consigliargli, quando è troppo stanco di stare seduto, di chiedere alla maestra di andare in bagno per potersi sgranchire un pò. e se lui mi risponde: "mamma, ma la maestra ha detto che non si va in bagno per andare a passeggio", io candidamente gli rispondo: "ma tu non vai a passeggio, tu vai in bagno e vedi se ti esce la pipì, se non esce pazienza!"

so che questo è un momento transitorio, che più passerà il tempo più questa situazione si chiarirà, in un verso o in un altro. quello che vorrei però, è non proteggerlo oltremodo, vorrei riuscire a calibrare il mio istinto di "primo soccorso" con una ragionevolezza e un distacco utili a lui per guardare con sicurezza la situazione. perchè penso che accarezzargli la testa e dirgli "povero bambino" non gli porterà bene ma lo renderà ancora più insicuro, sicuro solo del fatto di potersi nascondere tra le mie braccia e non affrontare la situazione.

mi ricordo che quando iniziò la materna visse un momento simile, di grande rifiuto, e la maestra di allora di confortò dicendomi che quello di matteo era in fondo un atteggiamento positivo perchè buttare tutto fuori subito e senza filtri o inibizioni lo avrebbe portato a superare la situazione nuova in maniera duratura, trovando davvero il suo modo per viverla.
io spero che oggi sia ancora così.

venerdì 12 settembre 2014

notizie da un mondo in movimento



eccomi di nuovo qua dopo quasi tre mesi. alla fine qualcosa è riuscita a muoversi nonostante gli inizi da salto ad ostacoli! sono riuscita ad "abitare" il nostro studio, piccolo e con una bella atmosfera di propositi e di voglia. poi, piovuto dal cielo perchè non me lo aspettavo così presto, ho preso un lavoro: la ristrutturazione di un appartamento i cui proprietari sono aperti alle proposte, cosa non da poco. poi ancora siamo riusciti a partire per le tanto desiderate vacanze, in puglia in un mare bellissimo. 
e adesso siamo qui che aspettiamo che comincino le scuole. matteo andrà in prima elementare (e l'avvicinarsi della data ha comportato una ripresa della pipì a letto che nemmeno il mago ha saputo arginare, più qualche attacco di "mammite"), mentre pietro continuerà la materna ma in un'altra scuola dove potrà stare con bambini più vicini alla sua età. 

è proprio vero che ogni cosa ha il suo tempo. fino all'anno scorso, con pietro ancora semi-parlante e pseudo-camminante, il mio desiderio di ricominciare a lavorare era ancora pieno di conflitti. mi barcamenavo in organizzazioni casalinghe, alimentari e ludiche con tutta l'energia che avevo perchè sentivo che il mio posto, la mia mente, dovevano essere dedicati a lui, a loro. adesso ha 3 anni e mezzo e sento proprio fisicamente che il cordone ombelicale si sta allentando (c'ho messo un pò? lo so: sono lenta in tutto!) e che c'è spazio anche per altro. lo cercherò, anche per questo blog.